ASCOLTARE DAVVERO – Capitolo 5/5: Sono come tu mi vuoi

L’algoritmo ti suggerisce sempre qualcosa. Ma ti conosce davvero?

🧠 L’illusione della personalizzazione

“Più ascolti, più ti conosce.” Così ci raccontano le piattaforme. Ma davvero l’algoritmo sa chi siamo? O semplicemente ci propone ciò che ha già funzionato con altri simili a noi?

L’algoritmo non ha intuizione, empatia, contesto. Lavora per probabilità, non per significato. Ci guida verso quello che ci tiene sulla piattaforma — non verso ciò che ci sorprende, che ci cambia, che ci fa crescere.

⚖️ Come funziona (davvero)

La maggior parte degli algoritmi musicali si basa su filtraggio collaborativo: analizzano cosa ascoltano utenti con gusti simili e ci propongono contenuti analoghi. Oppure usano matching automatico di contenuti simili per timbro, andamento, genere.

Ma non capiscono nulla di te. Ti associano a cluster statistici. Ti spingono in una bolla. Più ascolti una cosa, più te la ripropongono. E così la scoperta si spegne.

🕳 L’aura che abbiamo perso

Walter Benjamin, nel 1936, scrisse L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Analizzava come la copia tecnica svuotasse l’opera del suo significato profondo: la sua aura. Quel legame unico tra opera, contesto, tempo, esperienza.

Con Spotify, il concetto si estremizza: l’ascolto diventa riproduzione infinita, replicabile, intercambiabile. L’aura dell’ascolto svanisce. Tutto è fluido, tutto è playlist. Ma cosa resta?

💔 Cosa perdiamo davvero

Perdiamo il caso, il consiglio umano, l’errore felice. Il disco scelto per la copertina, il nome curioso, la sensazione di un negozio. Perdiamo l’attrito. E con esso, il ricordo.

Un algoritmo non ci porta fuori strada. Eppure, nella musica, perdersi è fondamentale. Nessun suggerimento automatico ha mai cambiato davvero la vita a qualcuno. Un amico, un DJ, un fratello maggiore sì.

⚡️ L’omologazione silenziosa

Le piattaforme premiano ciò che performa meglio. Ciò che mantiene attenzione, genera interazioni, funziona in background. Così, la musica si adatta all’algoritmo, non il contrario.

Molti artisti, per emergere, iniziano a produrre musica ottimizzata per lo streaming: brani brevi, intro diretti, suoni familiari. Ma il rischio è la musica-intrattenimento che non provoca, non rischia, non rompe.

🤝 Alternative possibili

  • Seguire etichette indipendenti, ascoltare radio libere, visitare negozi fisici
  • Scoprire musica tramite riviste, amici, social non algoritmici
  • Usare Bandcamp, SoundCloud, Netlabels, o archivi digitali
  • Creare momenti di ascolto attivo: un disco al giorno, tutto intero, senza skip

💼 Conclusione

L’algoritmo non ti conosce. Ma tu puoi conoscere te stesso attraverso quello che scegli di ascoltare. Non si tratta di rifiutare le piattaforme. Ma di non delegare. Di non lasciare che qualcuno scelga sempre per noi.

L’ascolto consapevole è un atto di libertà. E oggi, più che mai, è un gesto necessario.


📂 Fonti verificate

  • Walter Benjamin – L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, 1936
  • Taruffi, L. et al. – Effects of Listening to Music on Creativity, Scientific Reports, 2017
  • Pasquinelli, M. – Algorithmic Governance and the Black Box Society, Theory Culture & Society, 2015
  • Seabrook, J. – The Song Machine: Inside the Hit Factory, W. W. Norton, 2015
  • Spotify Engineering – https://engineering.atspotify.com
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